Probabilità¶
Protezione civile e probabilità¶
Sistema di allertamento¶
Un sistema di allertamento, ci ha ricordato più volte l'Organizzazione Meteorologica Mondiale, è fondato su un binomio indissolubile: early warning & early action. Se al preannuncio previsionale fornito dallo "warning" non corrisponde un'altrettanto tempestiva messa in opera della "action", cioè di provvedimenti atti a minimizzare l'esposizione al pericolo in termini di vite umane, lo warning resta un mero esercizio tecnico-scientifico.
Il nodo cruciale, con l'allertamento meteo-idrologico, è che stiamo parlando non solo di prevedere la dinamica di un sistema fisico caotico (l'atmosfera), ma anche di valutarne gli impatti su un sistema altrettanto complesso (il territorio, a maggior ragione se intensamente antropizzato): incertezza per incertezza, fa incertezza al quadrato. Quindi lo warning, che piaccia o meno (le leggi della Fisica restano tali anche quando non riscontrano il nostro gradimento) è un oggetto probabilistico, con questo sarebbe anche ora di fare pace. Invece la action è un oggetto deterministico, anzi a volte è addirittura binario, tertium non datur: o prendo un provvedimento o non lo prendo. O mando i lavoratori a casa prima di fine turno e fermo per quel giorno le attività dell'azienda, o tengo aperto, o sospendo le lezioni scolastiche e universitarie o le confermo, o chiudo un ponte o non lo chiudo, o metto le strutture di prevenzione e i corpi di soccorso in configurazione rinforzata (cioè affronto dei costi, per esempio pago degli straordinari ai reperibili) o le lascio il configurazione base. E allora ci vuole la cultura di base per capire che attuare azioni deterministiche sulla base di una previsione probabilistica è un investimento statistico: a parità di warning, su dieci volte che prendo una certa action, capita l'occasione (o le occasioni) in cui aver preso quei provvedimento preventivi mi ha permesso di salvare frotte di vite umane.
La cosa che più muove allo sconforto e alla rabbia, di fronte all'evento valenciano, non è neanche il fatto che il warning era stato emanato tempestivamente e con il livello adeguato di allerta, ma sia mancata l'action, cioè che la stragrande maggioranza delle vittime (il cui bilancio, visto il numero dei dispersi, rischia seriamente di quintuplicare o decuplicare rispetto alle già spaventose cifre attuali) poteva essere salvata, se si fossero presi seriamente in considerazione gli avvisi diramati dall'agenzia meteorologica statale spagnola e fermate per tempo tutte le attività, evitando che migliaia di persone fossero colte dall'evento sul posto di lavoro, o al centro commerciale, o per strada mentre rientravano a casa dall'uno o dall'altro luogo.
La cosa che muove allo sconforto e alla rabbia, è la consapevolezza che se per quel giorno si fossero fermate la società e l'economia (apriti cielo) e poi, al massimo grado di allerta, non fosse corrisposta una catastrofe di pari livello (ovvero fosse piovuto meno del preventivato, o avesse piovuto quanto previsto in alcune zone allertate ma non in tutte, o avesse anche piovuto tantissimo ovunque ma non fossero esondati i fiumi e non si fossero allagate le città), avremmo assistito (sarebbe capitato in Spagna come avviene regolarmente in Italia) alle feroci polemiche verso il sistema di allertamento, che avrebbe dovuto rispondere dei danni del "falso allarme". Salvo, poi, accusare lo stesso sistema di "mancato allarme" in tutti i casi in cui gli eventi sono andati al di là di quanto preventivabile in anticipo.
E in Spagna, aspetto non banale, sono anche facilitati dalla possibilità di aggiornare i codici colore delle allerte in corso d'evento, ovvero di ora in ora o addirittura ogni 10 minuti quando la situazione lo richieda, alzando quindi il livello anche da verde a rosso (o viceversa declassandolo) a cadenza ravvicinata, inevitabile prezzo da pagare se si vuole alzare l'attendibilità del sistema, con eventi così estremi e deflagranti... in Italia provate a proporre di introdurre un sistema del genere, e poi mi raccontate come la prende il tessuto socio-economico, sia nel pubblico che nel privato, dalla classe imprenditoriale agli amministratori pubblici fino ai singoli cittadini, ma che scherzate, me lo dovete dire il giorno prima (i più ragionevoli, altri non si accontentano neanche di quello) il colore dell'allerta, e se mi dite rossa e poi non viene giù il mondo (o mi dite gialla e poi viene giù il mondo), sarete messi alla gogna, sia mediatica che legale.
Perché non c'è la disponibilità a capire che il rischio è, sempre, una probabilità, più o meno alta, ma una probabilità, mai una certezza. Se i meteorologi e gli idrologi avessero la palla di vetro, si chiamerebbero veggenti, non meteorologi o idrologi. Allerta rossa non vuol dire che necessariamente arriverà l'apocalisse, ma che la possibilità di quest'ultima, quel giorno in quella zona, c'è, e siccome la posta in gioco è molto alta, trattandosi di decine, centinaia o migliaia di vite umane, questa eventualità va presa molto seriamente in considerazione, anche quando la probabilità magari non è alta, figurarsi quand'è elevata. Analogamente, allerta gialla - specie se, come in Italia, il codice colore va emesso il giorno prima, e non è modificabile di ora in ora in corso d'evento - non vuol dire che gli eventi non potranno essere gravi; peraltro il codice giallo per temporali, come dovrebbe essere noto a tutti, non vuol dire che i fenomeni non saranno intensi, ma che lo saranno a livello localizzato e non diffuso, e più i temporali sono localizzati, più la stima dei mm di pioggia che potranno cadere in un certo numero di ore è aleatoria, questo ormai dovrebbero averlo imparato anche i sassi (ma alcune persone, a quanto pare, sono assai meno recettive di questi ultimi, a volte anche fra gli addetti ai lavori, figuriamoci nel resto della cittadinanza).
Finché non si impara che “complessità significa dover passare da un mondo di previsioni certe a uno di previsioni basate sulla probabilità” (cit. Giorgio Parisi), con tutto quel che ne consegue in termini di gestione dei provvedimenti preventivi e di criteri di valutazione della loro efficacia, non ne usciremo mai. E di questa ottusa ritrosia a ragionare in termini probabilistici, in era di crisi climatica galoppante, ne faremo le spese sempre più spesso, altro concetto che fa fatica a entraci in testa, a quanto pare. "Vas a la moda", recita maledettamente beffardo quel cartellone pubblicitario sullo fondo, dietro quell'altrettanto tragicomico "benvenidos" al centro commerciale che è diventato il sepolcro di un numero ancora imprecisato di persone. E' tardivamente ora che la cultura del rischio, a partire dalla cultura della probabilità, diventino di tendenza, facendo invece passare di moda il sempre più insostenibile e demenziale modello di sviluppo in cui non si può rallentare la corsa alla produzione e ai consumi, neanche per qualche ora, se c'è un pericolo in vista per la vita delle persone.
2/11/2024
Filippo Thiery